La città di Achille

Un po' di di storia

Un po' di di storia

La città di Chieti, capoluogo dell’omonima provincia, adagiata su una collina posta a 330 m sul livello del mare, gode di una favorevole posizione geografica tra la riviera adriatica e i massicci della Majella e del Gran Sasso. La sua storia iniziava in epoche remote, la leggenda, infatti, vuole che Chieti sia stata fondata nel 1181 a.C. dall'eroe greco Achille che la chiamava Teate in onore di sua madre Teti. L'eroe omerico è rappresentato nello stemma del Comune su di un cavallo rampante, mentre regge una lancia ed uno scudo su cui è raffigurata una croce bianca su campo rosso con quattro chiavi che rappresentano le quattro porte d'ingresso della Chieti medievale (Porta Sant'Anna, Porta Santa Maria, Porta Napoli e Porta Pescara). Capitale del popolo dei Marrucini, Teate Marrucinorum, nel 91 a.C. entrò definitivamente nell'orbita romana. Eretta a Municipio, diveniva il principale centro economico della regione arrivando a contare oltre 60.000 abitanti, una popolazione considerevole per l'epoca. Veniva arricchita con un Foro, un teatro da cinquemila posti e circa ottanta metri di diametro, un anfiteatro di medie dimensioni da quattromila posti (restaurato ed utilizzabile), un acquedotto con relative canalizzazioni anche sotterranee e le terme, strutture ancora parzialmente visibili, dotate di cisterna sotterranea a nove ambienti di grande capacità. A seguito del crollo dell'Impero romano, Chieti veniva distrutta dalle ondate barbariche dei Visigoti ed Eruli ma tornava ad avere un ruolo predominante sotto la dominazione dei Longobardi che la facevano Gastaldato di dominio regio, finché non veniva distrutta da Pipino e rimaeva per due secoli alle dipendenze del Ducato di Benevento. In seguito, sotto il controllo dei Conti Normanni, la città si risollevava e continuava a far valere il proprio ruolo di preminenza anche sotto la dominazione sveva. Nel 1600 Chieti assumeva la conformazione urbanistica che ancora oggi la contraddistingue, favorita dal potere ecclesiastico che, in epoca di Controriforma, si prodigava nella costruzione di imponenti edifici, tra cui il Palazzo del Seminario Diocesano. Nella seconda metà del XVIII secolo tornava a svilupparsi un certo dinamismo, soprattutto culturale, che portava all'istituzione di scuole ed accademie con conseguente incremento dello sviluppo del patrimonio artistico. Nell'Ottocento iniziava l'occupazione francese che arricchì la città di nuove strutture amministrative. La città attualmente è costituita da due nuclei principali: Chieti Alta e Chieti Scalo. Chieti Alta è il nucleo più antico e comprende il centro storico che, situato sul colle, ospita numerosi resti archeologici ed edifici che raccontano le varie fasi storiche attraversate dal capoluogo teatino, Chieti Scalo è la parte nuova e prettamente commerciale della città, sede del Campus universitario dell’Ateneo “Gabriele d’Annunzio”. Adagiata nella vallata a nord della collina ed estesa fino all'argine destro del fiume Aterno-Pescara, si è sviluppata seguendo il percorso dell'antica Via Tiburtina Valeria e della ferrovia che l'attraversa. Nel link indicato di seguito è possibile passeggiare per il centro storico della città

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Cattedrale di San Giustino

Cattedrale di San Giustino

La Chiesa Cattedrale di San Giustino, intitolata anche all’apostolo Tommaso e alla Vergine Assunta, sorge su un‘antica fabbrica di una Chiesa precedente al 1069. Nel 1335 Bartolomeo di Giacomo innalzava i primi tre piani della torre campanaria che veniva completata nel 1498 da Antonio da Lodi che costruiva la cella campanaria della torre ed il suo coronamento in forma di tempietto ottagonale. Tra la fine del ‘500 e i primi del ‘600 l'arcivescovo Matteo Saminiato restaurava la Chiesa e faceva eseguire nel 1599 il Fonte Battesimale in porfido di Verona. Nel 1703 un devastante terremoto faceva crollare la cuspide del campanile. Tra il 1764 e il 1770 l'Arcivescovo Francesco Brancia trasformava completamente la Chiesa dandole il suo aspetto attuale. La decorazione della volta venne fatta a metà del XIX sec. ad opera dell'artista locale Del Zoppo. Nel XX sec l'architetto Guido Cirilli eseguiva una "progettazione in stile" dell'intero complesso religioso. La prima fase dell'intervento, negli anni '10 del secolo scorso, riguardava per lo più l'isolamento della torre campanaria e il suo consolidamento. Successivamente creava un rivestimento dell'edificio imprigionandolo in un contenitore murario che non lasciava in vista nessuna delle parti della costruzione precedente, univa il corpo della cattedrale con il campanile progettando un portale a ghimberga al disopra del quale si alza il fronte della facciata e infine Integrava il campanile con la ricostruzione della cuspide. Tra il 1970 e il 1976 venivano eseguiti lavori di restauro e consolidamento dell’intero bene riportando alla luce la struttura altomedievale della cripta distruggendo la decorazione barocca, per l’intervento dell’allora Soprintendente Mario Moretti. Nel Presbiterio e nel Segretariato si trovano tele di pregevole fattura di Saverio Persico: la pala maggiore del Presbiterio che raffigura l'incredulità di San Tommaso, mentre i teleri del Segretariato, che rappresentano "la lavanda dei piedi" e "l'ultima cena". Una tela del Persico è presente anche nella Cappella dell'Immacolata fatta erigere dall'Arcivescovo Nicola Sanchez de Luna (l’altare a sinistra del transetto). La Cripta della Cattedrale di San Giustino presenta una pianta irregolare che si articola in sei piccole navate di due campate ciascuna. Ad oggi risulta essere interamente realizzata in laterizio con elementi lapidei solo nei capitelli delle colonne e nei pilieri a fascio. Nella cripta, inoltre, sono conservati lacerti di affreschi riferibili al sec. XIV e XV ed un’arca marmorea in cui sono custodite le reliquie di San Giustino, patrono di Chieti e primo Vescovo della città, fatto scolpire nel 1432 dal vescovo Marino del Tocco. L’immagine odierna della Cripta è il risultato dei lavori di restauro eseguiti tra il 1970 e il 1976, con cui se ne è riportata alla luce la struttura altomedievale distruggendo la decorazione barocca, per l’intervento dell’allora Soprintendente Mario Moretti che faceva distaccare tutta la decorazione in stucco barocca per ritrovare l’antico assetto medievale della costruzione. Adiacente alla Cripta vi è la Cappella dell’Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti, notevole esempio di barocco con grandiosi stucchi dorati forgiati con perizia dallo stuccatore lombardo Giovan Battista Giani, maestro di mano pregiatissima e di grande importanza in questo tipo di decorazione nella nostra regione. Tutta la decorazione della cappella risulta essere altamente simbolica e sottolinea quelli che sono i dettami dell’opera dell’arciconfraternita. La preziosa pala d’altare è opera di Paolo De Mattheis, artista di scuola napoletana del Solimena e raffigura una Sancta Maria succurre miseris, resa con ampie panneggiature e con preziosi colori pastello, da notare il Bambino benedicente posto in piedi su un cuscino sulle gambe della Vergine, che rivolge lo sguardo, e quindi la sua benedizione, allo spettatore; mentre la Madonna si rivolge alle anime sottostanti. Infine La Cappella ancora oggi è di proprietà della Arciconfraternita del Sacro Monte dei Morti di Chieti, importante ed antichissima Congregazione che cura e custodisce i riti della Processione del Venerdì Santo.

Teatro Marrucino

Teatro Marrucino

Con la fine del regno e la nascita del Governo unitario, nel giugno del 1861 il teatro di Chieti prendeva il nome di Teatro Marrucino, in ricordo dell’antica popolazione italica che abitava la città preromana, l’antica Teate. I nuovi interventi realizzavano un quinto ordine di palchi (il loggione) e la scala d’accesso autonoma alla balconata. La volta della sala teatrale veniva, pertanto, decorata con un grande rosone ligneo, ornato da una ghirlanda di fiori e diviso in otto settori, nei quali trovano collocazione altrettante figure femminili, raffiguranti le allegorie delle arti teatrali e della musica. Il rosone è inoltre, corredato di medaglioni circolari nei quali sono raffigurati, su fondo oro, i profili dei grandi Goldoni, Pergolesi, Shakespeare, Goethe, Paisiello, Alfieri, Rossini e Verdi e scene del Marrucino venivano calcate dagli artisti più illustri del panorama culturale italiano a partire da Eleonora Duse, Emma ed Irma Gramatica, Cesco Baseggio, Nicola Rossi Lemeni, Nanda Primavera, per ricordarne solo alcuni, e vedevano la realizzazione di opere straordinarie tra le quali la prima abruzzese de “La Figlia di Iorio”, messa in scena nel 1904 da Gabriele D’Annunzio. Prosa, lirica, cabaret, operette, teatro dialettale, teatro per bambini, concerti costituiscono il ricco cartellone stagionale del Marrucino che si apre anche ad eventi non strettamente teatrali come convegni, incontri e concerti di musica leggera. Di seguito, cliccando sul link sottostante, è possibile consultare il sito del Teatro per informazioni su, orari, spettacoli e tariffe.

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Museo archeologico della Civitella

Museo archeologico della Civitella

ll Museo «La Civitella» offre un interessante spaccato culturale sull’evoluzione urbana della città di Chieti, documentata soprattutto attraverso le ricerche condotte nell’area del centro storico tramite innovative soluzioni espositive. La sede del museo fa parte di un percorso che gravita intorno alla zona archeologica dell’anfiteatro romano scoperto nel 1982 durante i lavori al campo sportivo. Questo percorso rientra nell’ambito di un progetto di recupero e di valorizzazione finalizzato a restituire ai cittadini di Chieti un’area qualificata a livello museale nella quale illustrare la storia del sito e dell’intera città. La struttura accoglie al suo interno i frammenti delle statue e delle lastre in terracotta dei templi rinvenuti nel 1965 e la ricostruzione di parti delle facciate degli edifici religiosi che nel II secolo a.C. sorgevano in questa zona, chiamata oggi Civitella, nel cuore dell’acropoli dell’antica Teate. Il percorso espositivo si articola in tre diverse sezioni. «L’inizio della storia urbana» mostra i materiali del III-II secolo a.C. provenienti dai due quartieri religiosi della città, l’acropoli e l’area sacra dei cosiddetti «Tempietti». Degli edifici di culto presenti sull’acropoli sono esposti gli elementi in terracotta policroma relativi alle parti strutturali e all’apparato figurativo di almeno tre frontoni. Della decorazione del tempio cittadino principale, il Capitolium, è stato possibile ricomporre undici personaggi a partire dai frammenti, fra cui le divinità della triade capitolina romana: Giove, Giunone e Minerva. La sezione «Da Roma a ieri» è organizzata per settori monumentali: il foro, le terme, il teatro, l’anfiteatro, le necropoli e documenta le notizie ed i reperti relativi alla storia della città fino al declino tardo-antico. «La terra dei Marrucini» infine narra della fiera popolazione italica che occupava il territorio dell’antica Teate prima della dominazione romana, un luogo che per la valenza strategica della sua posizione geografica compresa tra le gole montane di Popoli e il mare Adriatico, era sempre il centro egemone dell’attuale Abruzzo.

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Museo archeologico Nazionale - Villa Frigerj

Museo archeologico Nazionale - Villa Frigerj

Il museo ha sede a Chieti in una elegante villa neoclassica, progettata dall’architetto napoletano Errico Riccio per volere del barone Ferrante Frigerj nel 1830. L’edificio domina un piccola altura, originariamente un terreno agricolo di proprietà della famiglia Frigerj localizzato all’esterno delle mura cittadine. Dalla sommità della collina si gode di un panorama mozzafiato e si possono ammirare sia la villa comunale, con il profilo degli edifici del centro storico, sia il maestoso massiccio montuoso della Majella con la vallata sottostante. Nel 1864 l’immobile diveniva proprietà comunale e fu sede scolastica. Nel 1959, grazie all’interessamento dell’allora soprintendente archeologo Valerio Cianfarani, diventava museo archeologico nazionale e dal 2014 veniva assegnato al Polo Museale dell’Abruzzo. All’esterno il visitatore può osservare il rivestimento delle facciate, in bugnato liscio di mattoni al pian terreno e in semplici mattoni nei restanti livelli. La facciata principale, rivolta verso la città, è coronata da un tempietto. All’interno, è esposta la più importante raccolta archeologica abruzzese, fruibile attraverso il nuovo percorso museale, allestito nel 2011 e ampliato nel 2014 seguendo criteri espositivi che privilegiano gli aspetti etnici e topografici delle antiche popolazioni della regione. Al piano terra il visitatore potrà approfondire le tematiche legate alla statuaria antica e, in particolare, potrà contemplare il famoso Guerriero di Capestrano, un capolavoro artistico del VI secolo a.C., al quale è dedicata la sala “Al di là del tempo". Al piano terra è presente anche una ricca sezione numismatica e la ottocentesca collezione Pansa, con oggetti eterogenei. Al primo piano sono presentati i reperti ritrovati nei più rilevanti contesti archeologici abruzzesi datati tra le fasi protostoriche e quelle alto-medievali, soprattutto necropoli e santuari, e il visitatore potrà, quindi, andare alla scoperta della cultura materiale dei Vestini, dei Peligni, dei Marrucini e dei Carricini. Attraverso la scalinata monumentale si torna al piano terra e si prosegue la visita alla scoperta degli antichi popoli dell’Abruzzo osservando i manufatti dei Sabini, dei Frentani, degli Equi e dei Marsi. Premendo il link di seguito si può effettuare un tour virtuale del museo.

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Chieti sotteranea

Chieti sotteranea

Tra la fine del sec.I a.C. e l’inizio del sec.II d.C., Chieti raggiungeva la sua massima espansione, il centro abitato si estendeva su una superficie che andava dalla Civitella a via Arniense. In base a valutazioni approssimative, la popolazione veniva stimata tra le 30.000 e le 60.000 unità. E’ ovvio che un tale numero di abitanti avesse dei problemi per l’approvvigionamento idrico: a tale scopo, nel sottosuolo di Chieti, veniva creato un sistema di cisterne ad archi intercomunicanti e collegate da un insieme di gallerie. Queste ultime, a loro volta, possedevano pozzi di areazione regolarmente dislocati lungo il percorso. Alcuni cunicoli sono con volta a botte in opus coementicium (calcestruzzo a getto) e pareti in opus incertum, con probabile funzione di trasportare l’acqua dalle cisterne in posizione più elevata a quelle poste a livelli inferiori, passando di ambiente in ambiente fino a 9 grandi conserve idriche comprese nel complesso dello stabilimento termale romano. Altri cunicoli, con volta a cappuccina (lastre laterizie poste a contrasto senza uso di malta) e pareti in opus terraceum, permettevano di raccogliere le acque sia dalla falda idrica collinare che da stillicidi perenni lungo tutto il percorso. Si è potuto constatare che, sopra alle volte delle conserve idriche ipogee, vi erano degli impluvium – piattaforme impermeabili pavimentate in opus spicatum (mattoni di taglio disposti a spina di pesce) affioranti dal terreno – leggermente in pendenza verso dei tombini (fori a sezione circolare) praticati a distanze regolari in corrispondenza dei culmini delle volte sottostanti. In tal modo, si raccoglievano all’interno delle cisterne le acqua piovane e la neve disciolta. Tale sistema di cunicoli e cisterne romani è giunto sino ai nostri giorni in parte intatto, tanto da dare vita ad una sorta di “Chieti sotterranea”. Partendo dalla Civitella, il primo ipogeo romano di rilevanti dimensioni è quello situato al di sotto di un edificio compreso fra largo dei Carbonari e via G. Rossetti, di m.45 x 8,50, composto da sei camere a due a due affiancate e coperte da volte a botte. Si presume, dai fori visibili sulle volte e dalla impermeabilità delle pareti e del pavimento, che questi fossero ambienti a tenuta d’acqua. Altre due cisterne sono una in via Ravizza, e l’altra in via Spaventa. Premendo il link sottostante è possibile approfondire il viaggio nella Chieti sotterranea.

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Villa comunale

Villa comunale

La villa cittadina risulta essere un elegante esempio di parco urbano di stile ottocentesco. Nata dall’accorpamento dei giardini delle ville nobiliari delle famiglie Frigerj e Nolli. Quando il parco di Villa Frigerj era adibito a campo sperimentale dell’Istituto Agrario veniva aperto un lungo viale, detto stradone di S. Andrea, che subito veniva utilizzato come passeggio serale. Alla fine del secolo XIX veniva quindi ridisegnato come parco pubblico e sottoposto ad una serie di modifiche. Tutta la zona veniva suddivisa in piazzali collegati da vialetti, veniva creato un largo terrazzo panoramico e veniva dotata di un laghetto artificiale e di fontane artistiche. Dominano le alture del parco le strutture delle neoclassiche ville Frigerj, oggi Museo Nazionale Archeologico, e Nolli, oggi Seminario Regionale, nonché il complesso dell’Ospedale Militare, antico convento di Sant’Andrea, fondato nel 1420 dall’Ordine francescano degli Zoccolanti riadattato ad edificio militare dopo l’editto napoleonico e fortemente rimaneggiato fino agli anni ’60 del secolo scorso.

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